Neal Schon: L’Intervista Esclusiva

Era davvero difficile immaginare l’uscita di un album completamente strumentale da parte di Neal Schon, soprattutto dopo il prepotente ritorno di popolarità dei Journey degli ultimi anni. Invece l’ex Santana deve aver conservato un po’ di amore per un genere spesso considerato adatto ai soli patiti dello strumento…

Iniziamo col dire che The Calling non ha davvero nulla a che vedere con l’AOR dei Journey. Possiamo definirla una sorta di reazione ad anni di suoni più morbidi?

Probabilmente si tratta di un processo inconscio che non mi sento di escludere a priori. Penso che The Calling sia in assoluto il mio album dalle sonorità rock più spiccate, oltre ad essere completamente strumentale. Molti sono rimasti stupiti nel sentirmi suonare in questo modo, segno che probabilmente non poteva esserci momento migliore per ricordare a tutti le mie origini e i miei gusti musicali. Resta il fatto che quello che faccio con i Journey rimanga la cosa che amo di più al mondo, altrimenti farei un album solista ogni sei mesi!”

Però hai già annunciato la pubblicazione di un altro side project, quindi non sei nella posizione migliore per dimostrare la tua tesi!

(Ride, ndr) hai ragione! A parte gli scherzi, era diverso tempo che desideravo tornare a confrontarmi con me stesso al di fuori della band. Il caso ha voluto che nel momento in cui sono entrato in studio si siano formate le giuste condizioni per lavorare al meglio. Il fatto che siano nati due album così differenti uno dall’altro nello stesso momento, dimostra la genuinità di entrambi i progetti.

Anche le formazioni sono completamente diverse. Come hai fatto a lavorare contemporaneamente a due progetti così differenti in studio e la sera a suonare con i Journey?

È stato molto semplice, perché amo così tanto quello che faccio che il vero peso sono i giorni in cui non ho nulla da fare e potrei riposarmi. Qualcuno ha paragonato The Calling ad album di Satriani o Steve Vai, ma io credo che rispecchi semplicemente quello che sono in questo momento. Il secondo progetto mi vede invece parte di un classico power trio anni sessanta, aiutato splendidamente da Marco Mendoza al basso e dal mio caro amico Dean Castronovo alla batteria.

Tornando a The Calling, la presenza di Steve Smith farà andare in visibilio i tuoi fan…

Lavorare con Steve dopo anni è stato fantastico: sono bastati dieci secondi per ricreare l’alchimia di un tempo e tornare a divertirci come bambini. Spero che tutto ciò possa succedere di nuovo al più presto, anche se con tutti i miei impegni non sarà facile. Mi piacerebbe portare entrambi i progetti in tour, per potermi esibire nei club, ma stiamo già lavorando a nuovo materiale dei Journey e la band viene prima di qualsiasi altra cosa.