Waterboys – Modern Blues

Ho sempre pensato che i Waterboys di Mike Scott fossero sostanzialmente una di quelle band come gli Hanoi Rocks, così influenti e citate dai colleghi ma allo stesso tempo così sottovalutate da doversi muoversi per tutta l’arco della propria carriera in quel substrato musicale che il vero successo te lo fa solo assaporare, ma non te lo fa vivere mai. In questo senso, ‘Modern Blues’ non fa altro che confermare le sensazioni di sempre, a partire proprio dalla bellissima copertina raffigurante un inquietante essere a metà tra un uomo e una pianta che, unita al titolo dell’opera, fa venire immediata voglia di ascoltare cosa ci sia nel disco di più pagano di quello che già vediamo. Se il disco precedente era un elegante omaggio all’idolo letterario Yeats, qui si torna su territori musicali e lirici più vicini al passato della band, con un occhio di riguardo ad un rock che si fa sempre più classico e che nell’opener ricorda, ironia della sorte, proprio qualche pezzo degli Hanoi Rocks. Un album di classe, talvolta così beatlesiano che la voce di Scott arriva spesso a plagiare quella di Lennon. ‘I Can See Elvis’, ‘Still A Freak’ e ‘Destinies Entwined’ da ascoltare a ripetizione.