Ricordando Randy Rhoads

Il 19 marzo del 1982, a soli venticinque anni, Randy Rhoads perdeva la vita in uno dei più tragici incidenti che la storia del rock ricordi. L’impatto fu devastante, soprattutto per la carriera e la fragile psiche di un Ozzy Osbourne rinato artisticamente grazie al talento del giovane musicista. Oggi, Bob Kulick lo omaggia con Immortal Randy Rhoads – The Ultimate Tribute, un all star album che ne celebra il mito. Ce ne hanno parlato Vinny Appice, batterista dei Black Sabbath ai tempi dell’esplosione del chitarrista e Rudy Sarzo, amico e compagno d’avventura nella band di Ozzy.


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Posto che per tutti il tributo per eccellenza a Randy Rhoads resterà il live postumo con Ozzy Osbourne, questo si candida ad insidiarne lo scettro…

Appice: “Onestamente, credo che in termini prettamente emotivi quel disco rimarrà ancora insuperato, anche solo per il fatto che Randy è protagonista assoluto dell’album. Quando Ozzy si separò dai Black Sabbath nessuno credeva che si sarebbe ripreso, anzi, ad onor del vero, in molti credevano che sarebbe stato trovato morto in qualche motel della West Coast con un ago nel braccio. Quando entrai nella band il suo nome nemmeno si poteva pronunciare, tanto era stata devastante la sua uscita e feroci le sue parole sugli ex colleghi e sull’ingresso di Ronnie James Dio. L’incontro con Randy però fu qualcosa che capita poche volte nella vita: non solo lo rianimò artisticamente, ma gli salvò letteralmente la vita.”

Sarzo: “Mi ritengo un privilegiato assoluto, poiché ho potuto partecipare ad entrambi gli album di cui parli. Logicamente non sono paragonabili, anzi credo che in qualche modo siano complementari, perché il primo rende omaggio a quello che Randy era su un palco, mentre oggi siamo tutti insieme per farlo conoscere alle nuove generazioni. In studio e con Bob si è creato un clima surreale, in cui spesso ci si trovava con gli occhi gonfi, ma allo stesso tempo convinti di creare qualcosa di davvero speciale. Ricordo perfettamente la serata con Ozzy, immortalata in Tribute: quel tour resta la cosa più bella della mia vita.”

Diciamo che pur essendo due album completamente differenti lo omaggiano con lo stesso fervore. Non credi?

A: “Mi ricordo che ai tempi della pubblicazione qualcuno disse che si trattava del tentativo di Ozzy di campare ancora su Randy, ma per quanto ritenga Ozzy una persona particolare so per certo che i suoi sentimenti verso di lui erano e restano fortissimi. Ogni volta che l’ho visto parlarne sono rimasto davvero colpito dal suo trasporto. Quello voluto da Bob Kulick, invece, è l’omaggio di un estimatore a uno dei propri idoli e se ci pensi quando Randy salì alla ribalta Bob aveva già fatto qualcosa con i Kiss…Ma una delle cose straordinarie legate a lui è proprio quella che musicisti più anziani di lui, che erano considerati fari per chi li seguiva e per gli stessi colleghi, di colpo si trovarono ad ammirare questo ragazzino spuntato dal nulla. Qualche volta senza ammetterlo apertamente.”

Ti riferisci a qualcuno in particolare?

A: “Sono sempre stato abituato a non fare i nomi di persone che non possono rispondere in questo momento, ma posso dirti che non parlo dei musicisti coinvolti nel progetto (ride, ndr). Sai, nell’ambiente musicale le invidie sono moltissime, soprattutto tra prime donne: due bassisti non avranno mai problemi a considerarsi colleghi, ma due cantanti o due chitarristi…Se poi il musicista in questione è più giovane di te e fa cose che tu probabilmente non riuscirai mai nella vita, insomma, puoi capire che le simpatie non fioccheranno di certo. Il suo stile chitarristico era davvero qualcosa di mai sentito prima, credo fosse qualcosa di influente quanto quello di Van Halen, che solo pochi anni prima aveva sconvolto chiunque. Quei musicisti che quando irrompono sulla scena la cambiano per sempre.

Per altro con margini di miglioramento potenzialmente incalcolabili…

“Esattamente. Infatti la cosa che più mi fa incazzare ancora oggi, subito dopo il fatto che non si possa morire a venticinque anni in un modo tanto assurdo, è proprio immaginare che cosa avrebbe potuto fare negli anni successivi. Se ascolti Blizzard Of Ozz e Diary Of A Madman sembra impensabile che siano stati registrati uno a pochi mesi dall’altro: tecnicamente aveva fatto così tanti passi in avanti da sembrare una cosa esoterica. Il tutto mantenendo sempre un gusto infinito. Ci sono brani che i musicisti che si sono trovati a reinterpretare hanno dovuto suonare in tapping, mentre lui nemmeno si scomponeva nel suonarli in modo canonico. Senza di lui oggi Ozzy probabilmente suonerebbe ancora, ma con molti più classici dei Sabbath in scaletta.”

S: “Conoscevo Randy da prima di entrare nella band di Ozzy e posso confermarti che nessuno che lo sentisse suonare potesse rimanere indifferente alla sua musica. Non stiamo parlando degli anni sessanta o settanta, dove quasi tutto doveva essere scoperto e i grandi nomi della chitarra erano in primis dei pionieri e degli sperimentatori. Qui parliamo dei primi anni ottanta, quando ormai tutto dal punto di vista dello strumento era stato già detto. Non sto togliendo nulla a gente come Hendrix, Page o Blackmore, dico solo che stupire la gente nell’81 con stile era molto più difficile che nel ’67. È un dato di fatto. Però aggiungo che anche lui doveva molto a Ozzy.”

Rudy, tu facevi parte di quella band, quindi puoi parlare con cognizione di causa di quel momento così forte dal punto di vista emotivo.

“Nessuno che non fosse presente in quei giorni può permettersi di parlare dello stato d’animo delle persone coinvolte. Bisogna avere rispetto profondo dei sentimenti, in particolare se non si sa di cosa si sta parlando. Ho passato tanto tempo insieme a Ozzy e credo di aver suonato in una della band migliori di tutti i tempi che, nessuno si offenda, ai tempi se la giocava alla pari non solo con i Black Sabbath, ma con gran parte dei gruppi heavy dell’epoca. Ozzy veniva controllato a vista, ognuno di noi, almeno una volta ha pensato che avrebbe potuto ammazzarsi se lasciato da solo. Infatti decise di provarci ricominciando a bere come nessuno che abbia mai conosciuto, ma ai tempi lo ritenemmo legato al momento e lo sottovalutammo.”

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Foste molto criticati anche per la scelta di proseguire il tour di Diary Of A Madman

“Quella è un’altra questione di cui credo possano parlare con cognizione di causa solo i protagonisti. Tutti quei bacchettoni e moralisti che ci accusavano di voler lucrare su quella vicenda, col tempo hanno dovuto ricredersi e chiedere scusa per quelle accuse vergognose. Da quel tragico e assurdo incidente nessuno di noi è stato più lo stesso, tanto che ancora oggi alcune notti mi sveglio di soprassalto in lacrime. In pochissime ore e senza un minimo di lucidità ci trovammo a pensare a cosa fare per il resto del tour in programma e anche in quel caso, vinse l’idea che fermarsi sarebbe stato devastante per tutti noi, in primis Ozzy. Era convinto che Randy gli fosse stato mandato dal cielo per poter rinascere dopo l’addio ai Black Sabbath: ne fece una malattia per anni.”

A proposito di Black Sabbath, quando Randy esplose tu Vinny militavi proprio nella band di Iommi e compagni. Tony si è mai espresso sul nuovo partner compositivo di Ozzy?

A: “Come chiunque di noi, oggi Tony è una persona equilibrata che dalla musica ha ricevuto tutto quello che era possibile ricevere. Ai tempi però, come ti dicevo, l’argomento era davvero tabù, tanto che spesso venire a conoscenza anche solo dei dati di vendita di un album di Ozzy metteva tutti di cattivissimo umore. Tuttavia, più di una volta sia Tony che Geezer si esposero su Randy e sempre in termini più che lusinghieri. Inoltre si trattava di una persona così dolce e per bene che era davvero difficile provare sentimenti diversi da quelli nei suoi confronti. In fin dei conti, poi, Tony aveva risentimenti nei confronti di Ozzy e forse un po’ di invidia per una situazione che pensava non sarebbe potuta nascere, quindi non spostò mai i suoi sentimenti contro altre persone.”

S: Tony Iommi è una delle persone migliori di tutto questo mondo, un’anima incredibile che ha toccato nel profondo ogni persona che lo ha conosciuto. Gli ego giovanili sono un momento della vita e credo che, in qualche modo, siano il vero motore delle grandi opere in ogni campo. Più volte, negli anni, mi ha detto di essere sempre stato un grande ammiratore di Randy e di subirne il confronto. I dischi con Dio sono grandi, ma Tony, poi,  ha sempre saputo che per la gente non potevano esserci Black Sabbath senza Ozzy. Speak Of  The Devil, in questo senso è ancora indicativo.”

Bob Kulick ha detto che, pur non avendolo mai conosciuto, alla fine delle registrazioni era come se fossero stati dei buoni amici. Voi lo avete anche conosciuto personalmente.

A: “Sì, ci conoscevamo. Era inevitabile che in quel periodo si venisse a contatto, per un motivo o per l’altro. Se altri poi avevano motivi più o meno fondati per avere qualche attrito con tutta quella faccenda, io ero proprio fuori da certe dinamiche e non mi è piaciuto prendere le parti di qualcuno per partito preso. Nel backstage di qualche concerto ci siamo ritrovati nello stesso angolo, per così dire, proprio perché evitavamo volentieri le luci della ribalta, preferendo concentrarci sul concerto o su come fosse andata la serata. I contatti erano inevitabili, anche perché il padre di Sharon era ancora il manager dei Black Sabbath, quindi le occasioni non mancavano. Sul palco era in grado di trasformarsi, anche se potevi comunque vedergli negli occhi l’animo mite che lo caratterizzava giù dal palco. Aveva un’ironia molto intelligente.”

S: “La sua più grande fortuna era quella di essere un ragazzo semplice, uno che quando lo vedevi in giro da solo non avresti mai potuto immaginare fosse una rockstar in grado di suonare davanti a migliaia di persone. Prima ti dicevo che non è solo Ozzy a dovergli riconoscenza, ma le cose vanno equamente divise: Randy ebbe un ruolo fondamentale sulla rinascita psicofisica ancor prima che musicale di Ozzy, ma lui poté usufruire di un’occasione irripetibile e la colse con una maturità fuori dal comune. Tornando alla frase di Bob, credo sarebbero potuti essere davvero amici: due persone dalla sensibilità rarissima.”

Hai un aneddoto significativo o divertente che lo riguarda?

“Te l’ho detto, Randy era una persona di una sensibilità smisurata, molto schivo e con una dedizione al lavoro fuori dalla norma. Era però anche una persona molto convinta dei propri mezzi e di poter arrivare dove nessuno si era spinto in termini di chitarrismo. Non ci siamo frequentati moltissimo, ma la cosa più divertente che ho sentito su di lui recentemente me l’ha raccontata George Lynch, proprio durante la registrazione delle tracce dell’album. Entrambi avevano fatto le audizioni per suonare con Ozzy e quando Randy uscì dalla sala prove disse a George se volesse prima la notizia buona o quella cattiva. Lui volle conoscere quella negativa, che chiaramente riguardava il fatto che non sarebbe diventato il nuovo partner del Madman: la buona – disse Randy – era che avrebbe potuto prendersi tutti i suoi studenti (ride, ndr).”

Nel progetto è stato coinvolto anche Kelle, il fratello di Randy. Come è stato lavorare con lui?

A: “La sua presenza ha dato la benedizione finale all’operazione e ha costituito un elemento di continuità di cui bisogna rendere atto a Bob, che ha una sensibilità particolare nel creare questo tipo di tributi. Kelle è un buon musicista, che non ha mai voluto sfruttare in alcun modo la figura del fratello e che ne custodisce gelosamente l’eredità artistica. Con in mano un patrimonio di quel tipo, altri individui ci avrebbero sguazzato per anni, mentre il suo lavoro di protezione nei confronti del fratello è ammirevole. È stato emozionante poter prendere parte a session in cui fosse presente e sono rimasto anche impressionato dalla sua performance vocale in Back To The Coast dei Quiet Riot: piena di groove e davvero toccante.”

S: Kelle è una persona stupenda, così come tutto il resto della famiglia Rhoads. Hanno saputo custodire gelosamente la memoria del loro caro, senza mai approfittarsi della sua fama. È vero che negli archivi non fosse presente chissà quale materiale, ma ti garantisco che ho visto pubblicare porcherie ignobili con molti meno pezzi di quelli che aveva lasciato Randy. Anche in questo va spezzata una lancia in favore di Ozzy, che ha sempre ricordato l’importanza della sua figura senza riempire il mercato di registrazioni postume. E anche lì, di concerti e outtakes ce ne sarebbero a bizzeffe. Kelle, insieme a Bob, ha fatto da collante per tutta l’operazione.”

La famiglia è coinvolta anche negli spettacoli dal vivo Randy Rhoads Remebered. Tu Rudy sei una presenza fissa delle esibizioni.

“Se su disco non puoi renderti conto del calore della gente e del legame fortissimo con questo musicista straordinario, dal vivo o oggi anche sui social network ti accorgi di quanta influenza abbia ancora la sua figura sulle nuove generazioni. Sull’album suonano amici o musicisti che ne hanno apprezzato di persona le doti, qui invece ti parlo di ragazzini di dodici o tredici anni che si avvicinano a me e mi dicono che hanno iniziato a suonare la chitarra dopo aver sentito suonare Randy. Devoto com’era ai ragazzi cui dava lezioni, credo che sarebbe fiero di episodi di questo tipo. Credo che tutti quelli che salgono su quel palco sentano addosso tutto il peso di quei brani, ma allo stesso tempo tutto si trasforma in una grande festa dopo una manciata di minuti. Sono una sorta di rito collettivo. Per mancare dovrei essere morto.”

Saranno in pochi ad obiettare sul fatto che il pezzo cardine dell’album sia Crazy Train suonata da voi due, Tom Morello e cantata da Serj Tankian…

A: “Ogni musicista coinvolto ha messo tutto se stesso per riuscire a rendere il trasporto e la riconoscenza nei confronti di un talento come ce ne sono stati pochi in questo mondo. Non credo che l’intento fosse quello di avvicinarsi agli originali, né tanto meno di creare termini di paragone che sarebbero stati inevitabilmente fallimentari. Detto ciò, credo davvero che la versione di Crazy Train sia qualcosa di davvero stupefacente: la chitarra di Tom Morello è qualcosa di sbalorditivo e dimostra ancora una volta che razza di musicista sia per passare dalla propria musica, a quella di Springsteen fino a uno dei brani cardine di The Blizzard Of Ozz. Credo che Rudy sia stato il musicista più coinvolto emotivamente nella faccenda, visto che ha suonato tutta la vita con Randy.”

S: “Se penso al suo stile, alle trovate tecniche che lo hanno reso celebre, non posso che pensare a Crazy Train. Si tratta probabilmente del connubio meglio riuscito delle caratteristiche di entrambi: testo folle di Ozzy e melodia super heavy ma allo stesso tempo ultra radiofonica di Randy. La versione contenuta su questo disco è davvero splendida, perché ha tutto quello che dovrebbe avere secondo me una cover: non scimmiotta l’originale, ma ne recupera l’essenza e la restituisce intatta dopo più di trent’anni. Non so se sia il brano cardine del tributo, di sicuro era quello perfetto da mettere in apertura del disco. Personalmente amo molto anche la versione di Back To The Coast, con un Bruce Kulick eccezionale e Believer: Doug Aldrich è un altro musicista di cui bisognerebbe parlare di più.”

Anche lui, come te, per un po’ ha dato una mano a David Coverdale…

S: “Dave è una scuola di vita, nel bene e nel male (ride, ndr). Dough gli ha dato più che una mano, in pratica gli ha ridato una dignità artistica che nessuno credeva potesse mai recuperare. In qualche modo gli ha salvato la carriera. Così come Ripper, splendido alla voce su quasi tutte le tracce del disco, cui dobbiamo l’esistenza dei Judas Priest ai giorni nostri. Una cosa che amo di questo tributo è che in gran parte è suonato da musicisti eccezionali che però hanno sempre evitato di finire sui giornali o di fare le prime donne: in questo credo che Bob abbia fatto il lavoro migliore, visto che era proprio lo stesso stile di vita di Randy.

Più di tutto, stupisce la presenza di Dweezil Zappa!

A: “Dweezil è un ragazzo splendido che, come spesso capita, ha pagato a lungo l’ingombrante presenza del padre. Per un musicista del suo calibro una parentela del genere è più un danno che un beneficio, visto che col suo talento sarebbe comunque diventato qualcuno. Oltre ad essere sempre stato un fan, mi ha detto che alcune orchestrazioni di Randy gli ricordavano dei lavori di Frank, anche a livello di attitudine nei confronti dello strumento. Credo che Zappa sia stato il più grande innovatore dello strumento insieme a Jimi Hendrix e, considerando che anche Randy faceva parte di quel cerchio, la presenza di Dweezil ne sancisce in qualche modo la conferma.”

S: “Questa non è altro che la conferma di quello che vado in giro a dire da trent’anni: Randy è stato un innovatore dello strumento, proprio come i mostri sacri della sei corde. Quando Dweezil dice certe cose non faccio fatica a credere alla sue parole, perché non serve un addetto ai lavori per capire che stiamo parlando di qualcosa di non comune. Una volta, parlando con Eddie Van Halen, scoprii che persino colui che è ritenuto il musicista più influente dalla fine degli anni settanta ai giorni d’oggi nutriva una stima sconfinata per lo stile di Randy. Io non posso sapere come sarebbero andate le cose, persino lo stesso Van Halen si è perso e ritrovato mille volte, ma la differenza la faceva la testa: con quell’animo e quel senso del dovere sarebbe arrivato lontanissimo. Mi manca ogni giorno.”

Perché credi che Ozzy non sia stato coinvolto?

S: “Non so di preciso come siano andate le cose, ma credo che sia stato in primis un problema legato alla grandezza di Ozzy, alla macchina che si muove dietro ad un personaggio come lui. Inoltre so per certo che Ozzy aveva promesso a se stesso che l’unico vero omaggio al suo amico dovesse essere un album in cui Randy suonasse il proprio strumento e non qualcun altro al suo posto. Queste cose a volte poi non hanno una logica: anche il tributo a Dio ha ospiti di calibro mondiale, ma nessun membro dei Black Sabbath.”