Metallica: Inventori Del Thrash (Seconda Parte)

Purtroppo, una sorta di apocalisse stava invece per abbattersi sulla band stessa: il 27 settembre 1986, durante un viaggio sul bus ufficiale del tour europeo, nei pressi della cittadina di Ljungby, in Svezia, Cliff Burton perse la vita a seguito di un terribile incidente avvenuto mentre i membri della band stavano dormendo. Con lui non se ne andava solo un musicista eccezionale, ma soprattutto colui che aveva contribuito in modo fondamentale tanto alle visioni musicali del gruppo che alle tematiche dei testi, intrise delle letture in cui si immergeva nei momenti di relax. Sconvolti e annientati dall’accaduto, inizialmente i compagni di Burton pensarono di chiudere così la loro avventura nel mondo della musica, ma alla fine prevalsero altre scelte. “Poco dopo l’incidente, decidemmo che il modo migliore per dare sfogo alle nostre frustrazioni fosse di ritornare a suonare e di sfogare le nostre ansie sul palco, cioè verso qualcosa di positivo” – dichiarò Kirk Hemmett – “Eravamo molto traumatizzati e soffrimmo molto per la situazione. La cosa peggiore che potevamo fare era sederci nelle nostre stanze e ripensare ai fatti e piangerci addosso. Ognuno di noi pensò che dovevamo continuare, dovevamo lavorare perché non sarebbe stato giusto verso Cliff fermarci. Anche se lui fosse stato vivo per una qualche ragione e non avesse potuto suonare il basso, non ci avrebbe detto di fermarci. Questo è il modo in cui ci siamo sentiti. Avrebbe voluto che noi continuassimo.”. Continuare significava, inevitabilmente, andare alla ricerca di un nuovo bassista: dopo una selezione che coinvolse più di quaranta musicisti, la scelta cadde sull’ex Flotsam And Jetsam Jason Newsted. Dopo il debutto sull’Ep di cover The $5.98 E.P.: Garage Days Re-Revisited, Newsted fece il suo vero e prorpio ingresso nel gruppo per le registrazioni di …And Justice For All, quarto ed ultimo disco prodotto dalla band insieme a Flemming Rasmussen. Concepito completamente come omaggio alla memoria dell’amico scomparso, l’album segnò un cambiamento notevole nel sound della band, ora spostato verso sofisticati arrangiamenti grazie ai quali il disco venne considerato come un precursore del nascente genere del progressive metal. L’album presentava ancora tematiche legate ad argomenti già sviluppati in passato, come quello della guerra, che vedeva nell’agghiacciante One uno dei vertici compositivi del disco, nonché dell’intera discografia della band. Non mancava nemmeno il classico strumentale To Live Is To Die, l’ultimo cui Cliff Burton aveva messo le mani in vita, completato poi dai compagni e altro picco emotivo del disco. Nonostante fosse stato coinvolto anche nella composizione dell’opener Blackened, il ruolo di Newsted fu oggetto di grandi polemiche: quasi per una sorta di pegno da pagare per non essere Burton o semplicemente per qualcosa di simile ad un folle atto di nonnismo, …And Justice For All viene ricordato anche per l’impossibilità di riuscire a sentire le parti di basso registrate dal nuovo membro del combo. Sebbene l’ultima uscita avesse già sancito in qualche modo l’allontanamento parziale dal genere di cui erano stati forieri, fu solo con la prima pubblicazione del nuovo decennio che i Metallica iniziarono davvero un nuovo corso musicale della loro carriera. Assoldato Bob Rock, noto per lavori più patinati ma da milioni di copie, il gruppo diede vita ad uno dei dischi più venduti dell’intero decennio, ma anche a qualcosa che sembrava in qualche modo prendere le distanze da quel thrash metal che ormai centinaia di nuove leve portavano avanti seguendo le regole dettate proprio dalla band californiana. Sebbene brani come Enter Sadman, Sad But True, ma soprattutto Nothing Else Matters e The Unfurgiven avessero poco a che spartire col loro passato, altri brani come Holier Than Thou, per esempio, ricordavano a tutti le radici della band. Di certo, non sparì la pesantezza di fondo, nonché una compattezza generale che, al di là delle diatribe dei fan, rese il prodotto tutto fuorché di scarso livello. Lanciati di colpo in quello star system da cui per anni si erano tenuti volutamente alla larga, sancito in qualche modo dalla prensenza al Freddie Mercury Tribute Concert, i Metallica finirono per perdere un po’ la bussola o, quanto meno, a palesare la prima vera crisi interiore come band. Il risultato, oltre ad un cambio di look in grado di sconcertare pubblico e critica, furono due album, Load e ReLoad, con i quali si ripresentarono al mondo con un innocuo hard rock, forse più figlio della loro maturazione come uomini che di una reale scelta artistica. La crisi che ne seguì fu devastante: abbandonati quasi completamente dal pubblico della prima ora, nonostante dal vivo non fossero mai calati di intensità, i Metallica decisero che fosse giunto il momento di affrontare tutto ciò che era stato ributtato nei meandri del proprio inconscio per troppi anni. Newsted se ne andò all’inizio del nuovo millennio senza mai essersi davvero sentito parte del progetto, mentre i suoi ex compagni si dedicarono alla risoluzione di problemi personali e interpersonali che rischiavano di porre fine alla loro avventura. Il risultato fu lo straniante St. Anger, prodotto ancora da Bob Rock, che vi suonò anche le parti di basso. Nonostante musicalmente parlando l’album non fosse nulla di eclatante, anzi per certi versi mostrava ancora impietosamente le difficoltà affrontate dal gruppo in quegli anni, St. Anger ha il pregio di aver fatto confluire in sé tutte le energie negative che imbrigliavano da troppo tempo la band. Reclutato l’ex Suicidal Tendencies Robert Trujillo, i quattro si presentarono dunque all’incontro decisivo con Rick Rubin e al concepimento di Death Magnetic, senza dubbio la cosa migliore creata dal gruppo dai tempi del Black Album. In attesa dell’imminente successore…