Litfiba: Continuiamo Il Tour E Ne Abbiamo Per Tutti

Avevamo lasciato i Litfiba qualche mese fa, a Firenze, definendo Eutòpia un album inconsapevolmente lennoniano. Oggi ripartiamo proprio da lì, con gli occhi di Piero e Ghigo che si illuminano nuovamente a sentir parlare di Mind Games e di mondo ideali che, a ben vedere, qualcuno in giro per il mondo sta ancora cercando di portare avanti. Piero, tuttavia, una stoccata ci tiene a darla subito: “L’importante, però, è non ritrovarsi come Lennon a fare le foto con Ronald Regan, parlandone come del più grande statista della storia degli Stati Uniti d’America. Questo lo vogliamo dimenticare, visto che in questo momento avremmo la possibilità di farlo con qualcuno di ancora più grande”. Il riferimento a Trump e la frecciata a Lennon ci confermano l’ottimo momento di una band che, se escludiamo il noto periodo a cavallo della fine del millennio, è riuscita a mantenere una coerenza e un seguito non comuni. Il tutto sottolineato dalla risposta stessa del pubblico ad un tour e un album che, risentito a qualche mese di distanza, i due mostrano di amare ancora moltissimo: “Se possibile lo amiamo ancora di più” – ammettono i due – “Perché prima di suonarlo dal vivo non puoi dire di aver completato l’opera. Fino a lì, tutto resta qualcosa che hai solo ascoltato allo sfinimento in sala di registrazione, non è ancora tuo al cento per cento, è come guardarlo da fuori. Solo dopo diventa pienamente parte della tua discografia”. In realtà, noi che guardiamo tutto da fuori, anche le date che continuano ad accompagnare il disco, la percezione che dal vivo alcuni pezzi avrebbero reso molto di più l’avevamo già: “Non siamo di quelli che non amano riascoltare la loro produzione, anche se siamo così pignoli che poi alla fine c’è sempre qualcosa che ci fa cagare in quello che abbiamo fatto. Credo sia anche inevitabile. Questo è un album con una pre produzione lunghissima e curata e dal vivo questo aspetto si sente assolutamente. Ti confesso, tuttavia, che è un disco davvero difficile da suonare e cantare dal vivo, abbiamo dovuto provare tantissimo per riuscire a portare alcuni brani dal vivo”. Una pre produzione che, per esempio, era mancata ad Infinito, un album che per certi versi si ritrova anche tra le tracce di Eutòpia. Quello di Infinito è un vero e proprio paradosso: credo, senza paura di smentite, che i Litfiba siano l’unica band al mondo ad avere un album che ha superato il milione di copie da cui non estrae nessun brano in sede live. “Sì, è incredibile. E comunque ci sta che qualcuno ci possa ritrovare qualcosa di quel disco, perché Eutòpia è davvero la summa di tutto quello che i Litfiba hanno fatto in tutti questi anni. Noi stessi siamo convinti che ci fossero anche dei buoni pezzi in Infinito, ma la produzione di quel disco è una cosa che nemmeno un demo fatto in saletta prove. Tanto, ai tempi, la musica era l’ultima delle nostre preoccupazioni”. Quando gli chiedi se abbiano fatto pace col loro passato, prima ancora che tra di loro, la risposta è perentoria: “Non avremmo potuto andare avanti in quel modo, anzi fummo stupidi a fare in modo che si arrivasse a quel punto. Di buono c’è che chi pensava ad un reunion tour per tirare su un po’ di soldi, non aveva davvero capito un cazzo”. Ad ogni modo, oggi i Litfiba sembrano davvero portarsi dietro tutto il passato, errori compresi: “A differenza di molte band che vai a vedere sempre fare le stesse cose o riproporre solo album storici, noi abbiamo voluto provare a fare tutto negli ultimi sei sette anni: album dal vivo, nuovi inediti e tour celebrativi con i vecchi membri. Chi si era perso una parte dei Litfiba degli anni precedenti ha avuto la possibilità di rimettersi in pari e chi l’aveva fatto in passato di godere di nuovo insieme a vecchi compagni. E tutto partì da quella sera a Firenze in cui salimmo tutti sullo stesso palco, con Ringo nel cuore”. Infine, il discorso volge sul grande momento che la musica dal vivo attraversa in Italia in questo momento: “Sono stato a Firenze Rocks e mi hanno sconvolto i System Of Down, una botta pazzesca – esordisce Pelù – Vedder l’ho visto a Taormina e mi ha deluso molto: dopo i racconti di Firenze ero partito gasato a mille. Ci vogliono davvero le palle per fare un tour di quel tipo”. Con Ghigo, invece, il discorso finisce sui Deep Purple del suo idolo Blackmore: “Credo che la gente ormai vada a vedere tutti perché hanno paura che muoiano. Dopo l’anno scorso è scattata una specie di isteria generale. Comunque, toccandomi le palle, lo prendo come un buon segnale. Non capisco oggi band come i Deep Purple, di cui sono un grande fan: vai a vedere un gruppo senza Lord e Blackmore, che senso ha? Certo che piuttosto che andare a vedere Ritchie che fa quei cazzo di madrigali, meglio questi qui. Potere dei pompini.”