Intervista a Denise Battaglia

Un pezzo che cita miti antichi e con un ritornello di questo tipo mostra un coraggio e una determinazione notevoli, soprattutto in un momento storico come quello che vive la musica popolare. Quanto credi nell’arte, intesa come concetto a sé stante rispetto al puro intrattenimento?

Credo nell’arte come portatrice di messaggi. Mezzo catartico con il quale misurarsi, scoprirsi e rinnovarsi. Attraverso le vicende narrate nei miti trovo ispirazione e la forza per affrontare le mie battaglie.  In primis è un dialogo con me stessa, ragion per cui non mi curo di fare rientrare i brani nella cosiddetta categoria della musica popolare. Spero sempre che arrivi al cuore delle persone e  possa essere fonte di consapevolezza oltre che di intrattenimento.

Immagino tu abbia altro materiale a cui stai lavorando. Se sì, le tematiche di cui tratti si avvicinano a quelle di Myriam?

Ho scritto brani molto diversi tra loro, frutto delle mie molteplici personalità. Il mito e la filosofia sono fonte di ispirazione così come lo sono tipiche vicende quotidiane, una battuta ascoltata in un bar, o un bambino che gioca da solo rapito in altri mondi. Nell’arte non esistono regole, voglio essere libera di giocare con tutti i concetti che mi saltano in mente.

In cantiere ci sono brani simili a Myriam, ma anche altri completamente differenti. Non so ancora quale sarà la prossima mossa e quale singolo pubblicherò.

Al di là dei testi, quali sono i  riferimenti musicali cui hai in qualche modo attinto nella composizione del pezzo?

Gli ascolti sono molteplici. Tra i miei autori preferiti cito Tom Rosenthal, Hans Zimmer,  Zac Hamsley,  George Ezra.

L’idea che mi sono fatto è che Myriam sia un pezzo molto personale, ma forse non così autobiografico. Magari è una cazzata..

Myriam è un pezzo personale ma non autobiografico. E’ nato in sogno. Una donna comunicava con me telepaticamente, suggerendomi concetti non sensati. E’ stato un sogno vivido, emotivamente forte. Al risveglio ho intrapreso la ricerca del significato del nome “Myriam”. In seguito ho associato la sua figura alla sorella di Mosè, una donna forte che condusse i canti di ringraziamento all’uscita del mar Rosso. Myriam è un viaggio attraverso il mare e le sue acque, giungendo infine alla terra promessa. La terra promessa non è necessariamente un luogo fisico, in questo caso è una presa di coscienza di ciò che sono. A questo devo il ritornello che in ebraico significa “io sono colui che sono”. Nella seconda strofa cito Castore e Polluce come protettori in questo viaggio attraverso un mare che spesso si mostra burrascoso.

Un sistema discografico come quello odierno, in cui ogni venerdì escono decine di brani che spesso non arrivano nemmeno ad essere valorizzati a dovere, non rischia di allontanarci da ciò per cui la fruizione musicale nasce? Probabilmente, i pezzi migliori degli ultimi dieci anni non li abbiamo nemmeno ascoltati…

Ci troviamo sicuramente in un mare di opere prodotte e pubblicate, e certamente non tutte vengono valorizzate a dovere. Fortunatamente non esiste solo il mercato discografico. Credo che la musica dal vivo sia il mezzo più sicuro e diretto per arrivare alle persone.  Sicuramente il pubblico è più ristretto ma anche più vero.

Facendo riferimento alla domanda precedente, per anni il sistema musica ha scelto di campare sui live. Penalizzando paradossalmente molte delle uscite discografiche di artisti emergenti. Con l’industria dei live ferma, come pensi ci si possa rialzare? Pensi che il sistema vada completamente rivisto?

La strada per gli artisti emergenti è lunga e spesso in salita. Radio locali potrebbero impegnarsi maggiormente nella ricerca di artisti emergenti proponendo qualche nuovo brano ogni giorno. Rimango comunque positiva e spero possa ripartire presto la musica dal vivo.