Ian Gillan: Born Again

In occasione della pubblicazione del suo ultimo album solista “One Eye To Morocco”, ho avuto la possibilità di intervistare lo storico cantante dei Deep Purple, Ian Gillan. Difficile spiegare l’emozione che occasioni come questa portano con sé: qui parliamo di una della figure più influenti della storia della musica popolare. Avere l’onore di poter passare un po’ di tempo insieme al più grande screamer di tutti i tempi e ricordare qualche episodio delle sua lunghissima carriera, non ha prezzo.

Sei sempre on the road con i Deep Purple. Dove hai trovato il tempo di registrare un nuovo album?
Purtroppo è successa una cosa molto triste, è venuta a mancare la madre di Roger Glover. Di conseguenza abbiamo dovuto interrompere il tour e ci siamo presi un momento di pausa. Ognuno è tornato alla propria vita ed io ho pensato bene di registrare l’album che avevo in cantiere da un po’.

Come e quando sono nate le nuove canzoni?
E’ nata prima la musica e poi successivamente ho scritto le liriche. Ho scritto più di trenta canzoni, ma evidentemente erano troppe per un solo album. Quindi ho iniziato a selezionarle una per una e, quando una di queste mi sembrava migliore, iniziavo a scriverne il testo. Ho passato la fine dell’anno con i miei collaboratori in Canada per la registrazione e la produzione. E’ stato un periodo di relax, passato a parlare degli argomenti più disparati, con un bicchiere di whiskey e con la neve che scendeva dal cielo. Stupendo.

Dopo tutti questi anni dove trovi ancora l’ispirazione e la capacità per scrivere grandi pezzi?
Trovo ispirazioni da molte cose. Ogni cosa che mi circonda potenzialmente può essere una valida forma di ispirazione. In genere comunque parto da una serie di immagini che posso avere di fronte o che mi posso solo ricordare e inizio ad abbozzare qualcosa, anche solo dei disegni. Devi sapere comunque che per ogni bella canzone, ne ho scritte almeno cento che facevano davvero schifo…A volte poi mi capita di farlo durante il sonno: mi sveglio o penso di essere sveglio e inizio a scrivere. Probabilmente mi viene dai sogni. Anche dalla televisione purtroppo mi vengono molte idee: ogni volta che vedo qualcosa che mi fa imbestialire o qualche dibattito politico per il quale mi scaldo (se vivesse in Italia probabilmente inciderebbe un album all’anno…ndr).

C’è una canzone del nuovo album che ami maggiormente o che preferisci rispetto alle altre?
Ti racconterò una cosa a tal proposito: tempo fa mi trovavo a fare promozione con i Deep Purple e qualcuno mi chiese quale fosse il mio album preferito. Risposi che certamente era Perfect Strangers. Qualche giorno dopo, in un altro contesto, mi venne chiesta la stessa cosa e risposi Fireball. Il traduttore che era con me mi face notare la cosa e io gli dissi che ogni giorno porta con sé un album preferito! Con il lavoro che faccio, un giorno magari ho voglia di fare del buon blues, altre rock o jazz. Non riesco a precludermi delle cose. Dipende solo dallo stato d’animo in cui ti trovi in quel momento.

E quella di oggi quindi qual è?

(Ride) Quella di oggi è Girls Go To Show…con la sua andatura così lineare, quella chitarra che ti porta via e un romanticismo di fondo che mi piace moltissimo.

Nel 1991 incidesti “Toolbox”, un album stupendo che però non venne capito a pieno dalla critica. Col tempo è stato rivalutato. Cosa ricordi di quel periodo?
Ricordo con grande affetto quell’album. Non fu un periodo facile. Scrissi Don’t Hold Me Back per mia moglie che si trovava in ospedale per un’operazione molto seria. Era il mio modo per farle capire quanto l’amavo. Lei era sotto i ferri e avrei voluto dirle quanto tenevo a lei e non trovai altro modo che scrivere una canzone. Se ci penso ho ancora i brividi. Amo quel pezzo in modo pazzesco, il riff, l’incedere lento, l’arrivo della batteria in controtempo…Tutto. Poi ricordo il piacere di registrarlo, l’entusiasmo. Andai un po’ in depressione dopo l’uscita e il quasi fallimento del disco. Fu un periodo davvero difficile e in quell’album urlai come non facevo da anni. Mi dicevano che non urlavo più in studio e dimostrai di saperlo fare ancora. L’insuccesso mi costrinse a riflettere su molte cose. Fare il cocker, l’hard cocker in particolare è stato stupendo, ma nella vita convivono più aspetti e concentrarsi solo uno di questi è limitativo. Lo capii anche in quel frangente.

Ho letto che chiamasti Brian May per suonare su Gillan’s Inn. E’ vero?
Assolutamente sì. Gli chiesi se fosse disponibile. Purtroppo stava preparando il ritorno sulle scene insieme a Paul Rodgers e fu costretto a dirmi di no. Però mi scrisse una lettera stupenda per dirmelo. E’ una persona stupenda.

E credi che questo possa succedere prima o poi?
Con Brian? Non credo proprio. Non perché non voglia, ma perché abbiamo proprio due modi differenti di lavorare, di organizzare il lavoro più che altro. Io mi faccio prendere da tutto, come un bambino. Vedo una cosa e vado lì, poi ne vedo un’altra e faccio altrettanto. Continuo a saltare da un posto all’altro. Brian è molto metodico, è uno scienziato. Programma tutto nei minimi dettagli!

Cosa pensi del download illegale? Credi si potrà mai tornare indietro?
Penso che internet da questo punto di vista sia come il selvaggio west, è incontrollabile e credo sia impossibile fermare l’ondata del digital download gratuito. Viviamo in un epoca in cui fare musica e metterla a disposizione della gente è quanto di più facile ci sia. Questo però non significa che ogni cosa sia di qualità. Anzi, tutto ciò va a scapito della musica stessa. Credo sarà davvero difficile tornare indietro.