Andrew Stockdale: Io Sono I Wolfmother

“Ammetto di essere un po’ spigoloso per certi aspetti: sono una persona molto pignola, che esige molto ma che dà altrettanto a chi mi sta vicino. So di avere fama di essere una persona burbera, ma in realtà sono solo un uomo, con i pregi e i difetti del caso”

Sembra passato un decennio dall’uscita del debutto omonimo dei Wolfmother, forse l’unica vera band di rock classico nata nel nuovo millennio e il buon Andrew Stockdale, quasi un novello Axl Rose, dall’ultimo passaggio in Italia ha cambiato nuovamente le carte in tavola: via batterista e chitarra ritmica e dentro due nuovi membri, a dimostrazione delle infinite difficoltà di stabilità della band dagli esordi ad oggi. Insomma, considerata l’immensa penuria di rockstar sotto i cinquant’anni, Stockdale pare incarnare se non il nuovo messia, per lo meno uno dei più credibili fili conduttori con i grandi del passato: scrive ottimi pezzi, pare possedere quel briciolo di presunzione necessario per essere un divo e, soprattutto, è in grado di dividere gli addetti ai lavori.

Cosmic Egg fu considerato da molti  l’Album Rock del 2009, confermando quello che già avevi dimostrato con il debutto di due anni prima. Il suo successore pare invece avere vita molto difficile…Hai un’idea più precisa di quando lo vedremo nei negozi? Non vorrai farlo diventare il nuovo Chinese Democracy…

Sono affranto, perché solo un anno fa ti avrei detto che eravamo in fase di post produzione e pronti per annunciare la data d’uscita. Oggi invece siamo ancora in dubbio su molti aspetti e, sinceramente, non so ancora dirti nulla di preciso. Non abbiamo più un contratto discografico, cosa che inizialmente ci ha spiazzato non poco, anche perché gli album continuano ad ottenere ottimi riscontri nonostante il momento terribile per la discografia mondiale e, come ben sai, gli ultimi anni sono stati travagliati da molti punti di vista. Ma continuo a scrivere senza sosta. Hai fatto bene a citare Chinese Democracy, così abbiamo esorcizzato lo spauracchio Axl Rose! A parte gli scherzi, non ci metteremo dieci anni a comporre un disco e, in ogni caso, a me Chinese Democracy piace molto.

Quale direzione sta prendendo la musica dei Wolfmother? Cosa dobbiamo aspettarci dai nuovi brani?

Non ci siamo assolutamente curati dell’aspetto commerciale delle canzoni, come invece mi era capitato più o meno consciamente nella stesura di quelli precedenti. Non sarà un disco radio friendly, quindi l’intenzione è quella di non inserire ballads o trucchetti che permettano all’album di vendere qualche copia in più col rischio di svenderci. Ci saranno grandi e noiose intro (risata ndr), molti riff e, come ti dicevo, nessuna pausa che possa spezzare il ritmo delle composizioni. Amo totalmente i miei fan, ma quando compongo musica non penso a loro o a quello che vorrebbero sentire, penso solo a me e a quello che sto facendo. Non bisogna guardare in faccia  a nessuno o a perderci sarà la musica.

Da buon australiano hai fatto finalmente tesoro degli insegnamenti degli AC/DC: niente canzoni d’amore in quarant’anni di carriera!

Forse andare in tour con loro mi ha fatto capire quale fosse la retta via! In realtà qualche ballad l’ho scritta ancora, ma in questo momento non rispecchia assolutamente quello che ho in testa per il nuovo disco. Cosmic Egg è un buon album, ma mi rendo conto che sarebbero bastate meno canzoni di quelle pubblicate. Infatti per la terza uscita limiteremo di certo il numero dei brani. Inoltre mi ha stancato anche il modo classico di comporre, basato sull’alternanza continua di strofe e ritornelli. Insomma sono stanco di tutto (ride).

Credo che anche i continui cambi di line up non abbiano aiutato in questo senso. Ti avviso che a breve inizierai ad essere considerato l’ennesimo padre padrone della storia del rock.

Ammetto di essere un po’ spigoloso per certi aspetti: sono una persona molto pignola, che esige molto ma che dà altrettanto a chi mi sta vicino. So di avere fama di essere una persona burbera, ma in realtà sono solo un uomo, con i pregi e i difetti del caso. Penso che tutto sia nato dalla decisione di cambiare completamente formazione dopo il tour di supporto al disco di debutto: nessuno ha vissuto quella situazione dall’interno, se non io e gli altri membri della band, quindi nessuno può dare giudizi obiettivi in merito. Il problema maggiore sembra riguardare il ruolo di batterista: con Dave Atkins mi trovavo benissimo, ma due anni fa decise di dedicarsi completamente alla sua famiglia, che si trovava in un momento delicato, lasciando il posto vacante. Abbiamo quindi reclutato Will Rockwell-Scott, che ha dato una spinta notevole al nostro sound, portandoci ad un nuovo livello, ma che non riusciva a sostenere i ritmi della band. Speriamo che con Hamish Rosser vada meglio, altrimenti continueranno a dire che la gente se ne va per colpa mia. I problemi sembrano finalmente alle spalle.

Riallacciandomi al discorso dei cambi di formazione, ti faccio notare che nel nostro paese avete suonato tre volte e mai con la stessa formazione. Iniziamo a pensare che lo facciate per rendere ogni concerto un unicum.

Eh sì, avete capito il giochetto. La prossima volta infatti non ci sarò io, non potete mancare. Ricordo molto bene la prima volta a Milano, in un locale molto piccolo ma dove rimasi impressionato dalla lista di gruppi che vi avevano suonato. Non mi ricordo il nome, ma mi hanno detto in seguito che non esiste nemmeno più (si trattava del Rolling Stone ndr). Peccato che luoghi di culto come quelli finiscano per sparire invece di essere considerati alla stregua di musei. Penso anche alla fine che ha fatto il CBGB di New York. Indimenticabile anche il concerto dell’anno scorso, con un locale al limite della capienza e noi sul palco che facevamo fatica a sentirci sul palco dal delirio che proveniva dal pubblico. In pratica fu come un debutto.

Al di là di qualche incidente di percorso, anche dal vivo la band ottiene riscontri continui da pubblico e stampa mondiale. Dove credi di poter arrivare?
Ad essere sincero, se anche finisse tutto domani sarei felicissimo, perché ho la piena consapevolezza di essere riuscito a realizzare tutti i miei sogni di bambino. Se ci pensi, sembrano passati quindici anni dal nostro debutto, ma stiamo parlando del 2007. Negli ultimi anni abbiamo ottenuto tutto quello che un musicista potrebbe desiderare: dischi in classifica, tour mondiali, concerti in luoghi di cui avevi sempre sentito parlare da piccolo…per non parlare della porzione di tour mondiale degli AC/DC in cui eravamo noi la band d’apertura. Aprire per una band del genere credo sia il sogno di qualsiasi ragazzino che impara a suonare uno strumento nella sua cameretta, quindi non credo sia difficile capire cosa voglia dire a livello emotivo. Se però pensi ad un ragazzino australiano, allora devi moltiplicare le emozioni per un milione di volte. Potevo passare ogni giorno ore e ore a guardare Angus Young contorcersi sul palco e magari la mattina successiva mi ritrovavo in sala di registrazione insieme a Slash  incidere il suo disco. Penso di essere la persona più fortunata al mondo.

In termini di popolarità credo che il lavoro con Slash abbia inciso non poco anche sui Wolfmother.

Assolutamente sì e non finirò mai di ringraziarlo per l’opportunità. Credo si trattasse di un album per certi aspetti molto coraggioso: alcune scelte nascondevano più di un rischio e non ti parlo del brano con me, in cui la scommessa maggiore era quella di collaborare con un musicista in giro da poco più di due anni, ma per esempio della scelta di Fergie dei Black Eyed Peas. Ha osato, rischiando di venire criticato anche dai suoi fa e ha vinto. Anche l’idea di andare in tour e successivamente di registrare un nuovo album con Myles Kennedy è una scommessa stravinta: credo che Myles sia uno dei maggiori talenti al mondo.

L’anno scorso suonavi spesso By The Sword anche dal vivo. Perché ultimamente hai smesso?

Il pezzo mi piace moltissimo, ma col tempo ho iniziato a pensare che non fosse giusto suonarla sempre dal vivo: in fin dei conti non è un pezzo dei Wolfmother e non mi va che gli altri si sentano dei meri esecutori. Un conto è suonare una cover, cosa che comunque non amiamo fare, un altro è suonare un pezzo del proprio cantante. E come ti ho detto prima non sono il despota che tutti credono!

L’emozione maggiore vissuta negli ultimi mesi?

Aver suonato con John Paul Jones dei Led Zeppelin in alcune occasioni ed essere riuscito a convincerlo a seguirci in studio a sentire le nuove tracce. Spero decida di metterci le mani.