Toto: Parla David Paich

A quasi dieci anni dall’ultima prova da studio e a cinque dall’ennesima reunion, la band di Africa è torna a far sentire con forza la propria voce attraverso Toto XIV, quasi certamente l’album più convincente dai gloriosi tempi di Toto IV. Una dimostrazione di forza ancor prima che di classe, per dimostrare ai tanti gruppi di rock melodico che la strada è ancora lunga se vuoi arrivare al top. David Paich, tastierista e membro fondatore del gruppo, me ne ha parlato.

Il nuovo album suona così smaccatamente Toto da sembrare quasi un omaggio a voi stessi e ai vostri fan. L’epilogo perfetto?

“Francamente non so dirti se si tratti dell’epilogo della nostra avventura, di certo dopo tutto quello che abbiamo vissuto nel nuovo millennio non me la sento più di fare grossi pronostici. L’unica cosa certa è che Toto XIV per certi versi ha sconvolto anche noi, tanto è vicino alla musica che componevamo all’inizio degli anni ottanta. Non so dirti cosa è scattato dentro di noi, forse solo l’entusiasmo di ritrovarsi in studio dopo che tutto sembrava finito per sempre. E ti garantisco che per tutti noi lo era veramente. In particolare per me, che già da diverso tempo mi ero ritagliato un ruolo più defilato all’interno delle dinamiche del gruppo: pensavo di aver dato tutto quello che potevo alla musica.”

Invece una delle conditio sine qua non di Steve Lukather per rimettere in piedi il gruppo è stata proprio che tu tornassi a pieno servizio.

“Quando annunciò lo scioglimento, Steve chiese ai fan che senso avesse andare avanti senza di me e con un solo membro della famiglia Porcaro ancora della partita. Si trattava chiaramente di una domanda retorica, poiché la decisione era già stata presa in cuor suo da diverso tempo. Falling In Between, poi, sembrava anche un commiato degno della nostra storia. Io e Steve avevamo fondato insieme a band e quando Mike si ammalò sembrò davvero che la nostra storia fosse giunta al capolinea. Invece proprio ritrovarci per raccogliere fondi per la malattia di Mike ci ha fatto capire che il fuoco non si era ancora spento. Aggiungici poi il ritorno di David (Hungate, bassista originale, ndr) e il cerchio è chiuso.

Tuttavia Simon Phillips è uscito dal gruppo. Per i fan era l’unico erede possibile di Jeff Porcaro. Cosa è successo?

“So che voi giornalisti siete sempre alla ricerca di qualche gossip, ma in realtà non è accaduto nulla di così eclatante (ride, ndr)! Posso dirti che non si sia trattata di una scelta della band, ma proprio di Simon: dopo la scomparsa di Jeff non abbiamo mai pensato a nessun altro, proprio perché lui apprezzava tantissimo Simon. Fosse stato per noi, sarebbe rimasto per sempre. Un po’ credo sia stata una questione puramente di stimoli, tanto che in passato più di una volta manifestato la voglia di lavorare a qualcosa di più personale e meno vincolato. Insomma, si sentiva ormai un po’ schiavo di certe dinamiche. Ne abbiamo parlato tanto insieme e il suo disagio era reale e comprensibile, ma senza di lui in studio è come se si fosse sentita di più anche la mancanza di Jeff. Non so spiegartelo meglio di così.”

In ogni caso un album come Toto XIV non nasce per caso: al suo interno si trovano quasi tutte le anime musicali della band.

“Onestamente credo che il processo di rinascita fosse già iniziato ai tempi di Falling In Between, che per molti rappresentò la nostra miglior prova da decenni. In realtà credo che anche Mindfields fosse un ottimo disco e continuo a considerarlo il più sottovalutato della nostra carriera: fu affossato dalle aspettative. Forse però il materiale presente sul nuovo album è più omogeneo e, onestamente, a livello di songwriting sicuramente più ispirato di tutte le nostre produzioni dalla fine degli anni novanta ad oggi. Autocitarsi o fare il verso al proprio passato ti rende ridicolo, soprattutto quando hai sessant’anni, ma omaggiarlo e creare qualcosa che possa competere con esso credo sia un’altra cosa.”

In effetti sembra un’operazione quasi studiata a tavolino, per quanto rimanda ai vostri classici…

“Non sei il primo che me lo dice, segno che siamo riusciti a creare proprio il sound che volevamo. C’è poco da girarci intorno e sarò molto onesto: abbiamo annunciato e rischiato molte volte lo scioglimento, ma il rimpianto di non produrre ancora un album che potesse competere con quelli che ci avevano reso famosi era qualcosa che né io né Steve avremmo potuto tollerare. Chi ti dice che l’ultimo album è il migliore di sempre, nel novanta per cento dei casi, dice cazzate e non ti nascondo che anche a me sia capitato in passato, però che Toto XIV sia la cosa più vicina ai nostri classici credo sia innegabile. Penso avrebbe potuto essere il successore di Toto IV e credo che nessuno dei nostri fan avrebbe da ridire a riguardo. Autocelebrativo? Non abbiamo nulla da dimostrare né tantomeno dobbiamo rendere conto a nessuno.”

Il 1982 fu un anno incredibile per voi: oltre a Toto IV uscì Thriller di Michael Jackson, in cui l’apporto della band non fu marginale. Per alcuni fu il vostro zenit.

“In effetti fu un anno indimenticabile. Toto IV si aggiudicò sei Grammy e fu in qualche modo l’apice di un percorso iniziato col disco di debutto qualche anno prima. Non ti rendi mai conto di star componendo qualcosa che potrebbe segnare una piccola parte di storia della musica, ma ti confesso che durante le session di quel disco tutti avvertivamo che qualcosa di speciale stava nascendo. Eravamo giovani, alla spalle c’erano già tre album, ma il precedente non aveva soddisfatto appieno né la band né il pubblico, dunque avevamo voglia di prenderci una rivincita morale. E per quanto riguarda Thriller…Insomma stiamo parlando del disco che ha venduto di più nella storia dell’umanità. È incredibile pensare che nessun album potrà mai raggiungerlo, sembra di parlare di qualcosa di metafisico.”

Tu hai continuato a incidere con Michael anche per i dischi successivi. Cosa ricordi del lavoro insieme a lui?

“I Toto furono praticamente la backing band di Thriller, dopo di che molti si aspettavano che questo sarebbe successo anche per il suo successore. In realtà Bad fu un disco molto difficile da realizzare: Michael era diventato una super star e i suoi problemi iniziavano ad emergere, ritardando di molto i lavori. Come saprai, il sound di Bad è molto diverso dal suo predecessore, è molto più spigoloso e hard, se vogliamo e non certo materiale per i Toto. Io invece partecipai anche a quelle sessioni. Era un perfezionista e non era facile confrontarsi con lui, né tantomeno lavorare con lui per diversi anni. Un piccolo vanto che ho è invece proprio quello di aver seguito la sua carriera solista molto da vicino e fino a History.”

Immagino non fosse facile interagire con lui in fase di registrazione…

“Diciamo che molto spesso in studio era chiuso in se stesso, sentiva moltissimo le pressioni che derivavano dal successo ed era ossessionato dal fatto che la gente potesse smettere di amarlo. Più che lunghe chiacchierate, abbiamo condiviso una passione e un’umanità davvero rara, era una persona davvero dolcissima. Non entrerò nel merito di tutte le sue vicende giudiziarie né dei problemi dell’uomo, che purtroppo erano reali e sotto gli occhi di tutti, ma ricordo con amore ogni momento con lui. Se ne parla ancora tantissimo, ma mai nei termini che meriterebbe, visto che è stato importante quanto Elvis o i Beatles per l’immaginario collettivo mondiale e per di più in un’epoca in cui era più difficile stupire le persone rispetto agli anni sessanta.”

Tra due anni festeggerete quarant’anni insieme. Cosa vi tiene ancora insieme, al di là delle parole di circostanza?

“Come tutte le band che hanno alle spalle il loro periodo più fulgido, l’unica cosa che possiamo dire è che andremo avanti fino a quando il nostro pubblico lo vorrà: sarebbe triste incaponirsi quando la realtà ti dice altro. Abbiamo ancora la fortuna di essere considerati tra i musicisti migliori al mondo, una fama che a dire il vero non ci ha mai abbandonato nonostante i vari cambi di line up. Forse non è un caso che i nostri detrattori dicono che siamo amati più dai musicisti che dalla gente. Se ci arriveremo, in ogni caso, celebreremo l’anniversario come abbiamo sempre fatto: da americani ci piace celebrare le ricorrenze in modo vistoso (ride, ndr). Forse però il segreto della nostra unione resta ancora il senso dell’umorismo.”

Umorismo che ti coinvolse nel celebre caso del tuo cambio di sesso. Cosa successe quella volta?

“Partì tutto da uno dei classici scherzi di Steve. Ha sempre amato tantissimo fare cose di quel tipo e non passa un’ora senza che ti allieti con una delle sue trovate. La storia nacque nel momento in cui dovetti assentarmi per un po’ di tempo dalla band per poter seguire da vicino una persona cara malata: Steve pensò bene di dire che ero lontano per subire un’operazione di cambio di sesso. La notizia finì anche sul nostro sito ufficiale, ma le reazioni furono contrastanti: qualcuno ritenne la cosa di cattivo gusto, non certo io, chiaramente. Fu così che da maschio villoso mi trasformai in Davida!”