Blink-182 – California

C’era molta attesa per il ritorno in studio dei Blink-182, non tanto perché le loro ultime uscite avessero impressionato il pubblico, ma per via dell’ingresso nella band di Matt Skiba, già leader degli Alkaline Trio. Dell’addio di Tom DeLonge si è già detto tutto, quello che era difficile immaginare era che un cambiamento così drastico nella formazione del gruppo avrebbe condotto al miglior album dei Blink da anni a questa parte. California, sorta di grande tributo allo stato americano, suona infatti fresco come non capitava da una vita al trio statunitense, che sicuramente ha voluto dimostrare (prima di tutto a se stesso) di essere ancora in grado di dire la propria all’interno del music business mondiale. Quanto è cambiata allora la proposta musicale del gruppo? A sorpresa, non più di tanto. Il punto è che pur mantenendosi sui classici cliché del genere di appartenenza, il gruppo risulta molto più credibile che nelle ultime uscite. I temi portanti restano quelli di sempre, con quelle liriche sempre incentrate sulla giovinezza intesa come unico periodo davvero significativo della vita di un essere umano. Quello che, ad un’analisi superficiale, potrebbe sembrare il classico sintomo di una sindrome da Peter Pan, in questo album è qualcosa di assai più complesso: seppur fermi per certi versi ai banchi della Prima B (come il mitico Max Pezzali), California è pervaso allo stesso tempo di una malinconia che un tempo forse non c’era, oppure faceva capolino solo in determinati momenti. Insomma, i Blink-182 sono i soliti cazzoni di sempre, ma con un briciolo di senno in più.