Per Sempre Mick Rock

La notizia della scomparsa di Mick Rock è piombata all’improvviso. Il suo account ufficiale riposta queste parole, in cui viene definito come una “una creatura mitica” che era “impossibile non amare, una volta conosciuto”. 

“Con il più triste dei cuori annunciamo che il nostro amato psichedelico Mick Rock ha compiuto il viaggio junghiano verso l’altra parte. Coloro che hanno avuto il piacere di esistere nella sua orbita, sanno che Mick è sempre stato molto di più di ‘The Man Who Shot The 70s’. Era un poeta della fotografia, una vera forza della natura che trascorreva le sue giornate facendo esattamente ciò che amava, sempre nel suo modo deliziosamente oltraggioso”.

Per chi ama e vive un certo tipo di musica conosce perfettamente anche quell’immaginario dato da fotografie iconiche e chi, come Mick Rock, ce l’ha raccontata attraverso i suoi occhi. Mick Rock, proprio come i suoi scatti, è stato partecipe di un processo in atto che ha mutato pelle, cambiato un periodo, portato una nuova visione musicale, culturale e sociale.

Insieme ai suoi protagonisti, anche lui si è reso parte di una rivoluzione epocale. La sua anima già raccontava a che mondo appartenesse. Nato nel 1948, Mick si Laurea a Cambridge con studi in letteratura medievale, una passione per la poesia romantica inglese, Shelley e Byron, ma anche i poeti maledetti francesi. Il principio di un punto di vista globale e già chiaro, che da lì a breve darà vita a una nuova fase. Iniziano i primi ritratti, in primis la rappresentazione meravigliosa di un visionario Syd Barrett. Nel 1972 si occupa della copertina del primo album solista dell’ex Pink Floyd (The Madcap Laughs). In questi anni inizia a fotografare i concerti locali, i backstage e a entrare nel vivo, fino all’incontro con David Robert Jones, contribuendo a trasformare la sua immagine agli occhi del mondo in David Bowie, diventandone il fotografo ufficiale tra il 1972 e 1973. Nelle parole di Bowie: “Mick mi vede come mi vedo io”. (The Rise of David Bowie: 1972-1973).

Mentre negli anni ’60, Bailey racconta il fermento culturale della Swinging London in modo schietto e sovversivo, portando alla luce la cultura british, Mick Rock viene definito ‘The Man Who Shot the Seventies’. Il fotografo diventato celebre per i suoi scatti di tutte le più grandi star del rock di quel decennio: Syd Barrett, T. Rex, Lou Reed, Iggy Pop, i Sex Pistols, i Queen, i Ramones e, appunto, David Bowie. Il nutrimento per realizzare le immagini più iconiche arrivava proprio dalla musica e da quel vissuto. Come Bowie, Mick Rock trova nutrimento nella letteratura e nella poesia, nella rappresentazione di ciò che caratterizzerà fortemente gli anni ’70, il Glam. 

Il Glam non è solo sontuosi velluti e riflessi di paillette, trucchi e piume di struzzo, ma qualcosa di caldo e profondamente viscerale. La connotazione di un’epoca che, nella sua anima diretta e vera, trova la possibilità di essere altro, la possibilità di cambiare. 

Un linguaggio energico, diretto e profondamente vitale. La sperimentazione di suoni, immagini che affondano le radici in un certo tipo di cultura. Il Glam, che ci riporta a Bolan attraversando The Rocky Horror Picture Show (di cui Rock è fotografo di scena), con i meravigliosi ritratti di un Tim Curry strabiliante, per arrivare all’irraggiungibile Ziggy Stardust. La necessità della rappresentazione e il bisogno costante di arte. La bellezza e il piacere che si mescolano all’ambiguità, al disagio degli ultimi e alla drammaticità della vita, in fondo la linfa dei maudit e di chi sente di appartenere a quel mondo. La possibilità di essere ciò che vuoi senza definizione di sorta. Stravolge, scatta e immortala momenti che faranno discutere: dai giornalisti all’opinione pubblica. Ronson e Bowie sul palco diventano ciò che vogliono. Mischiano qualsiasi cosa, dalla musica alla sessualità. Sconvolgono. Rock guarda e trasferisce tutto questo nelle sue pellicole. E ancora, la potenza evocativa di Queen II, la forza di un’immagine che ha reso ancora più forti i quattro protagonisti dandogli un posto vicino al sacro. Ricordiamo copertine indimenticabili di album, oltre cento, come opere d’arte tra cui “Transformer” e “Coney Island Baby” di Lou Reed, “Raw Power” di Iggy Pop & The Stooges, “End of the Century” dei Ramones e “I Love Rock ‘n Roll” di Joan Jett.

Tra gli altri artisti che ha fotografato ci sono i Misfits, Debbie Harry, Lenny Kravitz, Snoop Dogg, Father John Misty, Lady Gaga, i Killers, Alicia Keys, Miley Cyrus, gli Yeah Yeah Yeahs, i Daft Punk, gli Hall & Oates e gli MGMT, The Black Keys, Pharrell, Flaming Lips, Rufus Wainwright, Kings of Leon e Queens of The Stone Age.

In un mondo sovraccarico e saturo di immagini che corrono velocemente, dove il linguaggio sembra essere solo quello dei social, dove tutto sembra fare scalpore ma poi corre via come se mai fosse esistito, ci restano le immagini di Mick Rock. Scatti che ci portano in viaggio nel tempo, la possibilità di entrare dentro le viscere di storie, di persone e di musica che in qualche modo ci appartengono e per fortuna, ci riempiono ancora la vita.