Keith Richards – Crosseyed Heart

Che uno dei dischi più riusciti di questa parte finale di 2015 sia del chitarrista dei Rolling Stones dovrebbe far riflettere. Non perché non fosse lecito aspettarsi un prodotto di ottima fattura da parte del buon Keef, ma perché spesso si sottovaluta il fatto che un musicista che non abbia più nulla da chiedere al music business, possa essere ancora in grado di comporre qualcosa di rilevante. La moda imperante nel nuovo millennio di considerare gli album dei grandi vecchi del rock come spazzatura, ha portato a pensare che ogni nuova uscita di un dinosauro sia semplicemente la scelta di un musicista annoiato senza più idee e motivazioni, attento solo al portafoglio. Ben vengano, invece, album come questi che iniziano con un blues sbilenco che nessun altro al mondo avrebbe scelto come apertura di un album, seppure sia la traccia che dà il titolo all’opera stessa. Quel cuore strabico di cui parla proprio Crosseyed Heart è forse una delle dichiarazioni più sincere di un uomo che non ha mai fatto mistero della sua anima travagliata, usata talvolta per vendere qualche copia in più, ma che sostanzialmente tutti gli riconoscono. Keith Richards è uno di quei personaggi, pochissimi oramai, cui non fai fatica a credere nemmeno quando ti racconta di aver sniffato le ceneri del padre per portarlo sempre con lui. E non importa che il giorno dopo si prodighi a smentirlo: tu sai perfettamente che quella cosa è successa e riesci addirittura a trovarci della poesia all’interno. I musicisti che lo accompagnano sono gli stessi di una vita (solista), ma forse mai come questa volta Keith è riuscito davvero a marchiare tutte le canzoni col fuoco che ne brucia tutt’ora l’anima. Un fuoco che, spiace dirlo, forse non ha mai pervaso sul serio il buon Jagger, che a breve lo attende per il nuovo capitolo discografico marchiato Rolling Stones. Non volercene, Mick, mi raccomando.