A distanza di più di trent’anni, “This Is Spinal Tap” resta il migliore di tutti i “mockumentary” della storia del rock. Quando questo gruppo di pseudo musicisti si presentò al mondo con un finto documentario riguardante una band, gli stessi Spinal Tap, all’apice della fama ed indirizzati verso un lento declino, più di un artista indirettamente citato non poté che storcere il naso di fronte alla parodia della propria carriera. Fortunatamente, però, i più capirono il dissacrante humor sotteso alla pellicola e ne decretarono l’immenso successo. Ambientato nel 1982, il lungometraggio è considerato a ragione il primo esempio di mockumentary, neologismo creato dal regista del film Rob Reiner per alludere al fatto che esso fosse in realtà una clamorosa farsa, girata con l’intento di mettere alla berlina la scena heavy metal del tempo ed alcuni dei gruppi più importanti della decade precedente (tra cui Stones, Who ed Aerosmith). Insomma, una storia vera con protagonisti e fatti in realtà mai esistiti. Ridicola anche la storia ufficiale della band: si sarebbe infatti formata nei primi anni sessanta, superando indenne i decenni successivi nonostante la dipartita di innumerevoli batteristi tutti scomparsi in circostanze assai esilaranti. L’esito più che positivo dell’operazione portò il trio alla pubblicazione di un album dallo stesso nome e ad esibirsi realmente in alcune delle location più prestigiose al mondo. Poi il silenzio fino al 1992, anno di “Break Like The Wind” (prodotto da T-Bone Burnett!!) nonché della clamorosa partecipazione al “Freddie Mercury Tribute”. L’esibizione di Wembley rimane storica per più di un motivo: innanzitutto durante l’esecuzione del proprio pezzo venne a mancare improvvisamente la luce (tanto che in molti pensarono che anche quell’occasione fosse propizia per una delle loro gag), ma la cosa per cui gli ottantamila paganti non dimenticheranno mai la band fu l’interpretazione della splendida “The Majesty Of Rock”, dedicata al compianto singer dei Queen. Il singolo rimane ad oggi uno dei maggiori successi discografici della band: e dire che la band di We Will Rock You era proprio una di quelle cui il progetto Spinal Tap faceva riferimento. Nonostante l’uscita di qualche inedito ed alcuni buoni live all’inizio del nuovo millennio, i tre musicisti inglesi iniziarono quel lento cammino verso il declino dal quale, paradossalmente, era partita la loro gloria. Nonostante nel corso della loro storia moltissime celebrità avessero sgomitato per suonare nei loro album o dal vivo, le nuove generazioni di fan non potevano conoscerne i meriti, mentre le vecchie cominciavano a stancarsi del giochetto della finta band ormai da troppo sulle scene, relegandola negli album dei ricordi dolci, ma sbiaditi. Nel 2007 arrivò invece, a sorpresa, la convocazione al Live Earth organizzato dal buon Bob Geldof ed ecco che la magia riuscì a ripetersi: la sguaiata “Big Bottom”, “Stonehenge” e la celeberrima “The Majesty Of Rock” fanno conoscere gli Spinal Tap ad un nuovo pubblico, che ne riconosce l’importanza e ne rilancia l’entusiasmo a pochi anni dall’anniversario del loro più imponente successo. Da lì alla pubblicazione di “Back From The Dead”, che già dal titolo lasciava intendere quanto la loro vena dissacratoria fosse ben lontana dal voler scomparire, il passo fu breve. Tuttavia, la nuova uscita, che altro non era che una rivisitazione del loro debut album con l’aggiunta di una serie di inediti, prolungò di poco una storia giunta comunque al capolinea. Dopo aver lasciato un segno indelebile.
This Was Spinal Tap
26 Ottobre 2015
Articoli
Giornalista musicale con esperienza decennale, Luca Garrò scrive o ha scritto per alcune delle riviste musicali più note del nostro paese, da Rolling Stone a Jam, passando per Rockstar, Rocksound, Onstage e Classic Rock, oltre ad essere uno dei fondatori del magazine online Outune.net. Appassionato di classic rock fin dall'infanzia, ha scritto centinaia di articoli sugli argomenti più disparati, tre libri per Hoepli (Freddie Mercury, David Bowie e Jimmy Page & Robert Plant) e sta curando una biografia su Brian May per Tsunami. Per cinque anni è stato tra i curatori del Dizionario del Pop Rock Zanichelli.
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